Moka

(sottofondo musicale: Tu Cafe´- N.O.H.A.)
Ho un rapporto strano e complesso con la Moka di casa.
Quella moka lì, in teoria da due tazzine ma che ne escono comodamente tre, che usi da tempo immemore ché ti hanno detto che “è meglio” e il caffè viene più buono.
Ecco, la Moka semidistrutta con su un’immagine oramai consunta dell’omino Bialetti, quella che uso almeno due/tre volte al giorno.

Il nostro rapporto conflittuale si basa sul mistero:  sono anni che la carico allo stesso modo, con lo stesso caffè, la stessa quantità (una discreta montagnetta, ma senza esagerare e senza pressare), la stessa quantità d’acqua (rigorosamente all’altezza della valvola come diceva la mia povera nonna), la stessa altezza della fiamma (non troppo bassa ma manco l’altoforno degli dèi), la stessa forza nello stringerla.

Eppure l’eruttazione finale del caffè cambia di volta in volta.
Delle volte è un lento ribollire fino a riempire tutto il raccoglitore con una lenta fluizione tramite il camino.
Altre volte è un silente riscaldarsi fino ad un unico e poderoso climax finale che riempie il contenitore in un’unica e rigogliosa e ricca esplosione.
Altre volte ancora è un continuo rimbrottare, fin quasi dalla prima accensione della fiamma, fino al rimbrottone che porta al fiotto finale.

Ogni volta è una cosa diversa, e pure il caffè, dal punto di vista del gusto, ne risente.

La mia Moka è come Paganini, non ripete.

Un Vecchio

D’improvviso mi viene da cantare il “Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla seraaaaa” (rigorosamente scimmiottando una “r” moscia da paura) del mai troppo celebrato Francesco Guccini.
Ma la trista vicenda è un’altra: ho sempre utilizzato l’affermazione “un vecchio, sono un vecchio” in riferimento al mio evidente decadimento fisico che, grazie ad una precisa scelta composta da un misto letale di famelicità e sedentarietà,  peggiorava palesemente con un trend direttamente proporzionale al passare del tempo.
MA, e c’è un “ma”, mi sono sempre detto che il Vero Vecchio era quello morto “di dentro”, quello non tanto con l’encefalogramma piatto, ma quello che aveva rinunciato a vivere i tempi, quello rinchiuso un un guscio fatto di ricordi, di abitudini, di routine. In breve “il Giovane Vecchio è colui che anche a 30 anni ha perso la Curiosità”.
E mi ripetevo che io, a 40 e passa, ero ancora lì a cercare cose nuove: nuovi stimoli, nuove idee, nuova musica; mentre dei miei coetanei già dai 30 anni si erano chiusi in un loop fatto di Pink Floyd, Metallica quando non Europe.
E invece io giù a cercare gruppi nuovi, nuove tendenze, Nuovi Suoni.

L’altro giorno però ho dovuto rispondere alla domanda “ma tu che musica ascolti? cosa stai ascoltando in questo momento?”; e lì parto con il sorrisone di quello fiducioso, di quello che è al passo coi tempi e sento me stesso enunciare:
“ma… dunque… ultimamente mi sono ributtato su dei Vecchi Classici ed in effetti sto ascoltando:

  • Foxtrot dei Genesis
  • Selling England by the Pound dei Genesis
  • The Final Cut dei Pink Floyd (oh.. uno degli album più tristi della storia eh)
  • Arena dei Duran Duran (OMMIODDIO!!!! Essì, in un rigurgito anni ’80 – anche se tecnicamente ero Spandau – mi sono ritrovato ad ascoltare Simon Le Bon e soci prima del declino)
  • Ed infine, bomba delle bombe, una compilation con i successi dei Pet Shop Boys!!!!

Oh mamma…”

Ma forse la verità è un’altra. Se è anche vero che sto ascoltando cose nuove ma decisamente progressive e che quindi ascoltano in due (Ma i Sigur Ros si possono tecnicamente definire “nuovi?”, mi sa di no…), forse è vero altrettanto che il panorama musicale non sta offrendo nulla di nuovo ed eclatante, ché oramai di musica buona non ce n’è davvero più e che ai miei tempi sì, sì che c’era della roba buona in giro, altro che ora con i ragazzini che vanno in giro conciati come….

OMMMIOOODDDIIOOOOOOOOOOOOOOOO!!! (sono un cazzo di vecchio)

Kanban Danshi

In questo momento in Giappone, a Tokyo per essere precisi, è “à la page” ovvero “va tantissimo” ovvero “è l’ultima moda furiosa del momento, quella che se non la segui sei out e non ti caca più nessuno” il  Kanban Danshi

In pratica il livello di un ristorante o di un bar non viene valutato per la qualità del cibo servito, ma per la bellezza del personale maschile di servizio.

Magari servono stronzi di pitone flambè, ma il personale (maschile) è fighissmo.

Dov’è il tuo dio ora?

Colazione (Breakfast)

(Sottofondo consigliato: “Alan’s Psychedelic Breakfast” dei Pink Floyd)

Per alcuni la colazione è sempre lo stessa cosa, lo stesso rito, la stessa liturgia.
Questi sono quelli che “Ah, toglimi tutto ma non il pane inzuppato nel caffellatte!”

Certi invece variano in continuazione: una mattina latte con in cereali, quella dopo fette biscottate con la marmellata, il terzo porri e gomasio con Barolo chinato, e così via.

Molti la fanno a casa ma moltissimi la fanno al bar, con la tradizionale accoppiata tra caffè e/o cappuccino e brioche/cornetto/croissant/ocomecazzoloveletechiamarechetantocisiamocapitilostesso.

Taluni, infine, non la fanno affatto.

Sottigliezze

Un cortigiano: un uomo che vive a corte.
Una cortigiana: una mignotta.
Un massaggiatore: un fisioterapista.
Una massaggiatrice: una mignotta.
Un professionista: un uomo che conosce bene la sua professione.
Una professionista: una mignotta.
Un uomo di strada: un uomo duro.
Una donna di strada: una mignotta.
Un uomo pubblico: un uomo famoso, in vista.
Una donna pubblica: una mignotta.
Un uomo facile: un uomo col quale è facile vivere.
Una donna facile: una mignotta.
Un intrattenitore: un uomo socievole, affabulatore.
Un’intrattenitrice: una mignotta.
Un adescatore: un uomo che coglie al volo persone o situazioni.
Un’adescatrice: una mignotta.
Un uomo molto disponibile: un uomo gentile.
Una donna molto disponibile: una mignotta.